LA PSICOSOMATICA

Negli anni in cui ho lavorato in Hospice ho voluto approfondire gli studi della psicosomatica frequentando il corso di formazione tenuto

Questo lavoro di psicosomatica ha la caratteristica di essere un intervento breve, nel senso che sono sufficienti cinque sedute di Psicosomatica per conoscere i messaggi dell’organo “malato”. Esso permette di comprendere profondamente i propri bisogni per trovare delle soluzioni efficaci al problema che la persona sta vivendo.

Ho seguito un corso in Italia con la dott.ssa Elisabetta Muraca, mentre l’ideatrice è la dr.ssa Adriana Schnake, medico psichiatra e psicoterapeuta gestaltista, che negli anni 70 fu professore onorario alla cattedra di Psichiatria all’Università del Cile (Sud America).

Finito il corso ho avuto la necessità di perfezionarlo incontrando in Cile dove risiede la dott.ssa Schnake. Esso ha come riferimento le tecniche Gestaltiche e utilizza delle schede specifiche per ogni organo permettendo di identificare gli eventuali aspetti psicologici della malattia secondo la soggettività di ogni essere umano.

Oggi integro questa formazione alle conoscenze apprese per mezzo degli studi universitari, la specializzazione, il master e la mia esperienza sul campo.

Un’immagine, a me cara, di Adriana Schnake.

Adriana SchnakeSmall

COSA SUCCEDE PRIMA DELLA FORMAZIONE DEL SINTOMO?

Riguardo alla formazione del sintomo e alla malattia psicosomatica, le emozioni e l’azione hanno un valore fondamentale. La parola “emozione” deriva dal latino “e-moveo”, che significa muovere da dentro verso l’esterno, quindi il non muovere l’emozionenon esprimerla, non sperimentarla o, come dice Laborit (1990), inibirla (insieme all’azione) può partecipare, nel tempo, alla costruzione del sintomo.

A riguardo cito il pensiero di Henri Laborit “La novità, la scoperta é che, quando non potete né farvi piacere, né fuggire, né lottare, vi inibite. Il significato biologico dell’inibizione é: meglio non agire, per non essere distrutti dall’aggressione. Ciò va bene se serve a salvare al momento la vostra pelle, la vostra struttura. Ma se non siete in grado di sottrarvi molto rapidamente, da questo stato di inibizione, di attesa in tensione, allora in quel momento comincia tutta la patologia” (Laborit, 1990).

Cito Laborit solo per semplificare la mia esperienza clinica di questi anni di attività.

Infatti il sintomo esprime ciò che l’individuo non si è permesso di sentire, di dire e di fare per dei condizionamenti che l’ambiente o egli stesso si è imposto.

Perché mai una persona si impedisce di sentire, di dire e di fare?

Prima di tutto devo ringraziare tutte le persone che hanno cercato, nella propria malattia, anche delle risposte psicologiche oltre che mediche, permettendomi di utilizzare gli strumenti che ho appreso negli anni e di individuare, insieme, i messaggi importanti che l’organo può donare.

Ho raccolto un elenco di motivi che sono emersi dai precedenti lavori con l’organo.

Motivi che ognuno di noi utilizza per “impedirsi” di sentire (un’emozione o un bisogno), di dire o di fare:

– Per amore di qualcuno
– Per paura di perdere qualcosa
– Per non lasciare andare un fatto o una persona del passato
– Per obiettivi troppo ambiziosi che mettono in secondo piano i bisogni primari
– Per forti pressioni dell’ambiente esterno
– Per un mancato modellamento familiare che ci autorizzi a essere se stessi
– Per mantenere i precedenti obiettivi sociali e lavorativi (in caso di cambiamento sociale e/o lavorativo)
– Per offrire agli altri un ambiente positivo a discapito di sé e dei propri bisogni
– Per mancanza di consapevolezza dei propri bisogni autentici

Questo elenco rappresenta sicuramente una piccola parte dei motivi per i quali rinunciamo nel sentire i nostri bisogni e le nostre emozioni, fino a dimenticarli.

CRITERI DI ESCLUSIONE PER L’INTERVENTO DI PSICOSOMATICA

Prima di utilizzare questa tecnica è necessario che la persona abbia terminato tutte le indagini mediche per stabilire una diagnosi medica corretta.

– Non è applicabile alle anomalie morfologiche (malformazioni) congenite dell’organo come: malformazioni cardiovascolari, digestive, polmonari, ecc…
– Non è applicabile alle malattie “genetiche monofattoriali” (alterazione o malformazione di un singolo gene) come: Talassemia, Emofilia, Daltonismo, Fibrosi Cistica, Albinismo, ecc…
– Non è applicabile alle malattie “genetiche cromosomiche” (alterazione del numero o della struttura dei cromosomi) come: Sindrome di Down, Sindrome di Turner, ecc…
– Non è applicabile a organi lesi da traumi.
– Non è applicabile ai minori perché lo sviluppo delle funzioni cerebrali non è completo per soddisfare i seguenti criteri :

a-capacità di introspezione (capacità di “osservarsi dentro” in modo prospettico e non egocentrato, per selezionare le risposte corrette in funzione del contesto). Questa capacità si assume intorno ai 17-19 anni con il completamento della maggior parte delle funzioni cerebrali, anche se da una ricerca, condotta da Christian Beaulieu e Catherine Lebel in Canada, risulta che alcune aree del cervello, come il lobo frontale, continuano a maturare anche successivamente.

b- capacità di astrazione (cogliere l’essenziale, analizzare l’insieme, sintetizzare)

c- capacità di linguaggio (conoscere i codici linguistici socialmente condivisi)

d- capacità di autonomia di pensiero (capacità di darsi regole proprie e decidere valutando le risorse proprie e del contesto)

e- minima conoscenza dell’anatomia del corpo e della funzionalità degli organi

QUANDO UTILIZZARE QUESTO MODELLO?

Il modello si applica ai diversi problemi d’organo dei diversi sistemi (digerente, locomotore, respiratorio, riproduttivo, sensoriale e anche il cuore, i reni, la tiroide, ecc…). L’entità del disturbo può essere limitata con una sintomatologia limitata (un’irritazione o un’infiammazione) oppure può essere grave, come nel caso della malattia neoplastica.

Anche le malattie infettive vengono trattate con questa tecnica, in quanto il virus o il batterio non colpisce tutte le persone che entrano in contatto con esso, ma solo quelle con l’organo “predisposto”. Questa particolarità è strettamente legata al singolo individuo e al suo modo di funzionare e di relazionarsi col contesto.

QUALI ORGANI TRATTO?organi

– pannicolo adiposo (grasso)
– cuore
– bocca
– esofago
– stomaco
– intestino tenue
– intestino crasso o colon
– retto
– milza
– timo
– reni
– ghiandola surrenale
– fegato
– cistifellea
– pancreas
– tiroide
– mandibola
– muscoli
– ossa
– articolazioni
– colonna vertebrale
– trachea
– bronchi
– polmoni
– pene
– prostata
– testicoli
– vagina
– utero
– ovaie
– mammelle
– lingua
– naso
– occhi
– orecchio
– pelle

COME SI SVILUPPA L’INTERVENTO?

Nel primo colloquio raccolgo l’anamnesi (informazioni personali, sociali, lavorative, familiari e mediche) focalizzata alla storia del disturbo.

Nel secondo colloquio somministro i test, chiedo alla persona di raccogliere informazioni sull’organo malato e pongo le ultime domande anamnestiche.

Nel terzo incontro propongo l’intervento di Psicosomatica per far emergere gli aspetti psicologici legati alla malattia attraverso un “dialogo” con l’organo secondo specifici protocolli.

Nel quarto incontro propongo un altro lavoro di psicosomatica per definire ulteriori aspetti relativi all’organo malato.

Nel quinto incontro c’è la chiusura del percorso e la formulazione di un obiettivo legato al materiale emerso.

A volte propongo un ulteriore colloquio per valutare, insieme alla persona, le strategie da adottare per affrontare al meglio il cambiamento che è necessario per “accettare” il messaggio dell’organo.

QUAL’E’ L’OBIETTIVO DEL DIALOGO?

Utilizzando il “dialogo”, una tecnica Gestaltica, si permette all’organo di esprimere il proprio punto di vista secondo le proprie caratteristiche anatomiche, funzionali e di personalità confrontandosi con la persona e la sua esperienza rispetto alla malattia. L’obiettivo finale è di imparare dall’organo a prendersi cura di aspetti di sé che erano stati rifiutati o negati dalla persona stessa.

Cosa succede dopo l’intervento di Psicosomatica?
Può succedere che la persona sia soddisfatta dell’obiettivo raggiunto e non abbia necessità di altri colloqui oppure che voglia affrontare altri aspetti di sé che non sono emersi fino a quel momento oppure che ritorni dopo alcuni mesi o anni per affrontare le conseguenze delle scelte prese dopo il lavoro di psicosomatica o semplicemente che decida di farsi accompagnare e aiutare nel passaggio.
Normalmente non è necessario proseguire con una Psicoterapia.

C’è sempre un miglioramento?
Normalmente è evidente il miglioramento che ne segue dal momento in cui la persona applica quanto è emerso portando un cambiamento nei precedenti schemi mentali-emotivi-comportamentali e quindi nella propria vita.

Il problema è che spesso la persona ha difficoltà ad accettare di modificare i propri schemi mentali, emotivi e comportamentali perché le hanno garantito dei vantaggi e permesso di funzionare fino a quel momento.

Portare un cambiamento vuol dire iniziare a essere consapevole dei propri bisogni primari, dar loro valore affermarli. Spesso questo cambiamento può apparire difficile per le “pressioni” esterne del contesto o per quelle interne alla persona, ma è vitale per la persona restare in ascolto dei messaggi che offre l’organo, per trovare una modalità di funzionare che rispetti ogni parte di sé.

La mia speranza è che la ricerca riesca sempre di più a dar vita a modelli di intervento nuovi, sia psicologici che misti (psicologici/medici/biologici), per aumentare e migliorare l’offerta di strumenti professionali nella relazione di cura e di aiuto.

BIBLIOGRAFIA

– Laborit, H., (1990) Les récepteurs centraux et la transduction des signaux‬, Milano, Masson.
– Schnake, A., (1998) I dialoghi del corpo. Un approccio olistico alla salute e alla malattia. Roma, Borla.

Dott. ssa Patrizia Baroncini Lanzini Donzelli