La frase che lo rappresenta:

Essendo molto sensibile, ho paura di essere ferito dagli altri. Meglio stare solo.

(P. Baroncini)

Nella seguente scheda ho inserito i criteri diagnostici del DSM-IV (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, quarta edizione) e la dimensione interpersonale di Lorna Smith Benjamin (1999).

Definizioni del DSM-IV

Dimensione interpersonale di Lorna S. Benjamin
Un quadro pervasivo di inibizione sociale, sensazione di inadegautezza e ipersensibilità alla valutazione negativa, a partire dall’inizio dell’età adulta, presente in una varietà di contesti, come indicato da quatro (o più) dei seguenti elementi:

1- Evita le attività occupazionali, che richiedono un contatto interpersonale significativo per la paura delle critiche, della disapprovazione o del rifiuto.

Si aspetta di essere degradato e umiliato dalla gente; e così rifiuta ogni commissione che possa richiedere un maggiore contatto interpersonale con la probabilità associata di essere preso in giro […] che qualcuno possa dire: <non voglio avere a che fare con questa persona […]>. (Pensa) Dal momento che tendo a sentirmi in imbarazzo, evito i lavori e le situazioni sociali, che mi costringerebbero a stare di più con la gente.
2- Non vuole essere coinvolto dalla gente, a meno che non sia certo di piacere. Assume che le persone saranno critiche e lo disapproveranno, finchè non riescono a superare degli esami molto stringenti, che dimostrino l’incontrario […]. (Pensa) Mi piace essere <dentro> le cose, ma aspetto sempre, prima di unirmi, fino a quando non sia davvero chiaro che gli altri mi approvano e mi vogliono.
3- Mostra limitazioni nelle relazioni intime per la paura di provare vergogna o di essere ridicolizzato. Si tiene tranquillo e <invisibile> nelle situazioni sociali, per la paura che ogni tipo di attenzione sia degradante o sia un rifiuto […]. (Pensa) Ho paura di sembrare stupido o di trovarmi in imbarazzo, così me ne sto quieto sul lavoro o a scuola.
4- Si preoccupa di essere criticato o rifiutato nelle relazioni sociali. […] se qualcuno lo sta leggermente disapprovando o rifiutando, si sente estremamente ferito; se perde la lotta con l’autocontrollo, è probabile che ci sia uno scoppio d’ira. (Pensa) Sono molto sensibile e sono facilmente ferito dal più lieve cenno di disapprovazione o biasimo.
5- E’ inibito nelle situazioni interpersonali nuove, perché si sente inadeguato. […] Ha fiducia solo nella famiglia o in uno o in due amici intimi, con cui c’è una relazione molto intensa, ma non necessariamente sessuale. (Pensa) Anche se mi piacerebbe avere altri buoni amici, ne ho pochissimi al di fuori della famiglia; ci vuole molto tempo prima che mi senta abbastanza sicuro da aprirmi.
6- Si considera socialmente inetto, personalmente poco attraente o inferiore agli altri. […] Si aspetta di essere deriso e considerato socialmente inaccettabile. (Pensa) Arrossisco o piango facilmente e lo trovo tanto imbarazzante che mi trattengo nelle situazioni sociali.
Note: Occasionalmente ha degli scoppi d’ira per l’umiliazione o il disprezzo. Pieno di rabbia per il rifiuto e l’umiliazione, trattiene costantemente l’impulso di restituire il colpo con un attacco di rabbia […] lanciata con grande indignazione e rifiuto di chi ha offeso. (Pensa) Ho dei momenti in cui ho paura di perdere il controllo della rabbia che mi tengo dentro.

Criteri di esclusione: Il distacco affettivo, i tentativi disperati di evitare la solitudine e l’incompetenza a livello lavorativo.

Segnali sociali: accetta riconoscimenti sociali positivi, chiari, che gli garantiscano, con certezza, di essere accettato, anche se ha bisogno di continue verifiche. È molto attento ai segnali negativi che enfatizza e ingigantisce, generando in sé uno stato di allerta perenne che gli permette di proteggersi attraverso l’attacco. Spesso la percezione negativa è solo fonte delle sue fantasie minacciose.

Il meccanismo relazionale è espresso nel conflitto tra “desiderio e paura” di socializzare.

Desidera instaurare relazioni sociali, ma teme il rifiuto e sceglie l’isolamento.

 

LA PERSONALITA’ PATOLOGICA ha tre componenti:

1- scarsa stabilità sotto stress;
2- scarsa flessibilità adattiva;
3- tendenza a coinvolgersi ripetutamente in processi che perpetuano le stesse difficoltà, senza possibilità di apprendere dall’esperienza metodi per evitare di ricadere nelle situazioni problematiche.

È necessario quindi che, per parlare di stile di personalità e non di disturbo, la persona sia in grado di non ricadere negli schemi ripetitivi che conosce, ma di costruire delle strategie alternative che considerino l’esame di realtà e l’esperienza vissuta dall’altra persona. Fermare il proprio pensiero automatico e integrarlo con gli elementi della realtà permette un adattamento flessibile al contesto esterno e una maggiore capacità di gestione dello stress. Quanto detto non significa abbandonare i propri schemi, che comunque sono serviti in passato per proteggerci, ma imparare ad utilizzarli con una maggiore flessibilità nella relazione con l’altro.

La Psicoterapia aiuta l’individuo a ristrutturare profondamente la propria personalità per apprendere nuovi modi di percepire e di relazionarsi alla realtà.

Dott.ssa Patrizia Baroncini L.D.

BIBLIOGRAFIA

– American Psychiatric Association (1995). DSM-IV. Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali. A cura di: P. Pinochet; Edizione Italiana a cura di V. Andreoli, GB. Cassano, R. Rossi, Masson, Milano.
– Benjamin, L. S. (1999). Diagnosi interpersonale e trattamento dei disturbi di personalità, Las, Roma.

Dott.ssa Patrizia Baroncini Lanzini Donzelli